C’e una sfida che, da sempre, accende ed appassiona la fantasia di tutti gli amanti del calcio, indipendentemente dalla propria latitudine di provenienza: Brasile-Argentina. E se il Mondiale, purtroppo, è ancora lontano dal materializzarsi, ci pensano i club a far rivivere uno scontro epico, che contrappone due filosofie calcistiche spesso agli antipodi. Anche se negli ultimi anni, Albiceleste e Seleçao sembrano essersi invertiti i ruoli, con la prima poca pratica ed avvezza a specchiarsi troppo nella propria bellezza e la verde-oro più grintosa e meno talentuosa.
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Libertadores, atto finale: chi parte favorito?
Nel prossimo week-end, in giorno ed orario decisamente gradevoli anche per i calciofili europei (sabato, ore 21), l’ultimo atto della Libertadores farà rivivere la magia dello scontro fra due grandi scuole calcistiche, col Flamengo che proverà a scippare il trono continentale al River Plate, attuale detentore del trofeo. Il match si giocherà, per la prima volta in gara unica, in quel di Lima, in Perù. Un evento storico, la “finale secca” della Copa, che vedrà opposte una compagine brasiliana ed una argentina per la quattordicesima volta da quando è stata istituito il trofeo. Due squadre, River e Flamengo, fra le più amate dell’intero continente: i Millonairos contendono al Boca lo scettro della squadra più amata in terra argentina, mentre i Rubonegro, numeri alla mano, vantano il maggior numero di tifosi nel paese che, più tutti, vive di “pane e calcio”.
Quanto sia importante e sentito il match, è testimoniato dal volume delle scommesse sportive sull’evento, che aumenta vertiginosamente col passare delle ore. Uno scontro dall’esito incerto, anche se, sulla carta, il Flamengo parte leggermente favorito. D’altro canto, la compagine brasiliana viaggia spedita verso la conquista del settimo titolo brasiliano, dopo un’astinenza di ben dieci anni. Due lustri, oltretutto, contraddistinti da enormi problemi finanziari, che hanno messo a rischio la sopravvivenza del club e a repentaglio, più volte, la permanenza nella massima serie brasiliana. Dopo anni di “vacche magre”, la compagine rossonera è tornata competitiva nelle ultime stagioni. E in questa annata, grazie alla sapiente guida di Jorge Jesus, tecnico che in Portagallo ha fatto incetta di trofei col Benfica prima di riportare ai massimi livelli il glorioso Sporting Lisbona, ha spiccato definitivamente il volo.
La rinascita del River ha un solo grande protagonista: El Muñeco Gallardo
La sofferenza del recente passato, è un tratto che accomuna Fla e River. Anche gli argentini, infatti, si sono rilanciati dopo aver toccato il fondo. Nel 2011, infatti, la squadra di Buenos Aires, al termine di un drammatico play-out contro il Belgrano di un giovanissimo Franco Vazquez, assaporò, per la prima volta nella propria storia, l’amaro calice della retrocessione in seconda divisione, scatenando l’ira dei propri tifosi al Monumental. La svolta avvenne nel 2014, quando i biancorossi affidarono la panchina ad un giovane Marcelo Gallardo, cresciuto, calcisticamente, nella florida cantera dei Millonarios. L’affidabilità nel ruolo di tecnico, nonostante la vittoria di un campionato uruguaiano col Nacional, era tutta da testare. I risultati, però, sono stati a dir poco sbalorditivi, specie in ambito continentale.
Se in Argentina, al di là della vittoria di due coppe nazionali, i successi non sono stati altisonanti, altrettanto non si può dire nelle manifestazioni internazionali, dove il River ha fatto letteralmente incetta di trofei. Al primo anno, Gallardo conquistò immediatamente la Copa Sudamericana, il secondo più importante trofeo latino-americano, bissata l’anno seguente dal trionfo in Libertadores, che mancava nella bacheca del club argentino da quasi vent’anni. Il trionfo dello scorso anno, però, ha reso immortale il Muñeco, che ha concesso il bis nella coppa più prestigiosa sconfiggendo gli storici rivali del Boca. Il tutto condito da un gioco moderno e molto equilibrato. Non c’è da stupirsi, di conseguenza, se Gallardo viene considerato, oggi, il più autorevole candidato alla successione di Valverde sulla panchina del Barcellona.